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Henri Gault e Christian Millau
Henri Gault e Christian Millau
L'avventura Gault-Millau inizia negli anni sessanta. Christian Millau (30 Dicembre 1928 - 6 Agosto 2017) cura il "Magazines" del Paris-Press, mentre Henri Gault (4 Novembre 1929 - 9 Luglio 2000), redattore dello stesso giornale, si vede nel 1961 affidare dal direttore Pierre Charpy la rubrica settimanale "Week-end et Promenades".
1962 - "Guide Julliard de Paris"
Il successo di queste brillanti recensioni è immediato e l'Editore Julliard ne pubblica una selezione in un libro "A Voir et à manger par Christian Bourgois", dal nome del direttore editoriale della Julliard, e l'anno successivo il 1962 da alle stampe la loro prima Guida la "Guide Julliard de Paris". Nel marzo 1969 esce la rivista "Le Nouvelle Guide" con le recensioni e le notizie del mondo della ristorazione, ma si chiama "Guida Julliard" dal nome della Casa Editrice.
Il magazine Le Nouveau Guide Gault-Millau n.6 (Ottobre 1969)
1969 - Il Magazine "Le Nouveau Guide Gault-Millau" Nel marzo 1969, precedendo di qualche mese l'uscita de Le Guide Gault-Millau de la France, esce il magazine Le Nouveau Guide Gault-Millau. Merito indiscusso di questa Guida è l'aver segnalato con anticipo molti nuovi talenti, premiati poi in seguito anche dalla Michelin, e l'aver altrettanto puntualmente indicato l'inizio del declino di alcuni "mostri sacri", che poi anche la Michelin avrebbe a sua volta retrocesso. Molti le attribuiscono la colpa di aver inventato la ormai famigerata "nouvelle cuisine". L'espressione infatti fu inventata e resa celebre dalla famosa coppia di giornalisti Henri Gault e Christian Millau, e Paul Bocuse fu accusato di esserne il vessillifero e l'ambasciatore. In quel periodo sia Henry Gault che Christian Millau volevano rivaleggiare con Robert Courtine, il celebre giornalista gastronomico di Le Monde, e la Guida Michelin, procurandosi un posto al sole mediante l'abbattimento dei dogmi dell' "alta cucina" che viveva su di un numero limitato di ricette ("Poisson au beurre blanc de La Mère Michel, Canard au sans de La Tour d'Argent, Cassolette de filets de sole de Lasserre, Tournedos Rossini, sole Dugléré, etc.").
Robert J. Courtine ("La Reynière")
Robert J. Courtine (16 Maggio 1910 - 14 Aprile 1998) giornalista e gastronomo di fama, critico e redattore di Le Monde, dove si firmava con lo pseudonimo "La Reynière", è l'autore di numerosi libri su temi culinari come ad esempio Larousse des fromages (1973), o la grande opera in tre volumi, premiata dall’Accademia di Francia, La Vie Parisienne (1984-1987) o Il libro completo della vera cucina francese (Mursia Editore). Robert J. Courtine è stato per molti anni amico di Simenon. La sua amicizia con Simenon lo portò a scrivere, seguendo le numerose tracce culinarie nei romanzi del commissario, il libro A cena con Simenon e il commissario Maigret (Guido Tommasi Editore), che raccoglie le ricette di quei piatti di origine contadina, semplificandole e riadattandole alla cucina contemporanea. Brevi citazioni dai romanzi di Maigret e illustrazioni della Parigi degli anni Cinquanta accompagnano le ricette. Robert J. Courtine si firmava con lo pseudonimo "La Reynière". Alexandre Balthazar Laurente Grimod de La Reynière (20 Novembre 1758 - 25 Dicembre 1837) è stato un famoso gastronomo francese. Figlio di un appaltatore delle imposte parigino, ereditò dal padre, oltre che un formidabile appetito, una colossale fortuna, che gli permise di coltivare la sua passione per la tavola senza restrizioni e per tutta la vita. Di bassa statura, un po' deforme e di spirito pungente, nel 1786 fu radiato dall'ordine degli avvocati per un libello antinobiliare: ciò che gli consentì, insieme con l'amicizia di Jean-Jacques Régis de Cambacérès, noto giurista e politico francese del periodo rivoluzionario e napoleonico, di passare indenne per la tempesta rivoluzionaria. Quotidiano frequentatore dei numerosi ristoranti sorti a Parigi dopo la rivoluzione, ne curò una sorta di «vademecum», l'Almanach des Gourmands, che pubblicò dal 1803 al 1812. Nel 1808 diede alle stampe il Manuel des Amphytrions, trattatello delle buone maniere a tavola.
1972 - "Le Guide Gault-Millau de La France"
Finalmente nel settembre 1972 esce in Francia l'attesa Guida dei Ristoranti: "Le Guide Gault-Millau de la France 1973". Da allora i due brillanti giornalisti Henri Gault e Christian Millau deliziano per una dozzina d'anni una vasta platea di lettori, felici di leggere le gesta dei loro chef preferiti ed ansiosi di conoscere la vita, la morte ed i miracoli dei migliori ristoranti francesi. E' finalmente nata la Guida da leggere e non soltanto da consultare, ed il successo è grande e meritato. I Ristoranti vengono classificati con voti in Ventesimi (da 1 a 20), secondo la classificazione scolastica francese (simile a quello che farà la "gemellata" Guida de L'Espresso in Italia) e con i Cappelli (le Toques) (da 1 a 4). Nel settembre 1984 esce la prima edizione de "Le Guide des Vins de France", curata e coordinata da Fernand Woutaz e Joseph Gryn. Successivamente La "Gault-Millau" comincia ad editare anche Guide dei Ristoranti di altri paesi: l'Austria (1980), la Svizzera (1983), la Germania (1984), il Belux (1996), ecc. Negli Stati Uniti per anni è stato André Gayot, amico della prima ora di Henri Gault e Christian Millau, a pubblicare la "Guida degli Stati Uniti" con il marchio "Gault-Millau" sin dagli anni '80. Dal 2011 "Gault-Millau" diventa "Gault&Millau". La metodologia della Guida Gault&Millau è sempre stata caratterizzata da punteggi in Ventesimi e Cappelli. Dall'Edizione 2010 solo nella Guida Gault-Millau France viene momentaneamente abbandonato il sistema di valutazione dei ristoranti anche in Ventesimi per unicamente quello in Cappelli (da 1 a 5, e non più da 1 a 4). Con l'Edizione 2016 viene ripristinato il sistema di valutazione sia in Cappelli che in Ventesimi anche per l'edizione della Guida Gault&Millau France. Nel corso degli anni, mentre la valutazione in Ventesimi (da 1 a 20) è sempre stata uguale in tutti i Paesi, quella in Cappelli ha visto nel corso degli anni differire tra i vari Paesi in 3 diverse metodologie (vedi: Gault&Millau - I Punteggi). Dall'Edizione 2020 il sistema di valutazione viene unificato in tutti i paesi sulla base di quello dell'Edizione francese.
1985: Henry Gault se ne va dalla "Gault-Millau"
Nel 1985 il binomio si scinde ed Henri Gault è estromesso. Christian Millau, rimasto solo al comando di un impero editoriale, va avanti con qualche appannamento sino al 1998.
Christian Millau
1999: Christian Millau vende il marchio "Gault-Millau" Christian Millau nel gennaio 1999 vende tutto ed il marchio GaultMillau viene acquisito da Otium, società indipendente, che sviluppa anche un sito Web. Nel 1999 anche il rapporto tra André Gayot e i nuovi proprietari della Guida si rompe e la Guida Gayot continua ad essere pubblicata negli Stati Uniti con il nome di Guide Gayot. Nel gennaio 2009 Pierre-Edouard Stérin del Gruppo Smart & Co, specializzato nella intermediazione di attività creative, martbox, e di Agenzie Viaggi, s'associa a Antoine Freysz per fondare Otium Capital, che acquisisce, assieme alla Gault-Millau, il sito www.lafourchette.com (venduto poi successivamente a TripAdvisor).
Côme de Chérisey
Alla fine di luglio 2016 Côme de Chérisey, Direttore Generale (CEO) per cinque anni alla Gault&Millau, acquisisce la famosa Guida gastronomica dall'ex azionista Pierre-Edouard Stérin (Smartbox, Weekendesk) con Extendam, un fondo di investimento specializzato nel settore alberghiero, Fts Finances, Linossier Partecipations e Louis De Schorlemer.
Jacques Bally
Côme de Chérisey, proprietario per 7 anni del marchio gastronomico Gault&Millau, il 7 Gennaio 2019 vende il 100% della proprietà della Guida alla società internazionale GM Holding dell'investitore russo Vladislav Skvortsov, affiliati con la banca russa VTB Bank del grande gruppo finanziario russo VTB Group. Jacques Bally, ex vicepresidente del Gruppo Alain Ducasse, dal 2008 direttore generale del Gruppo Maisons et Hôtels Sibuet e dal 2016 direttore della Guida Gault&Millau Russia (Moskow), l'8 Gennaio 2019 è nominato nuovo presidente di "Gault&Millau", mentre sono riconfermate tutte le équipes del Gruppo, presiedute da Marc Esquerré, direttore delle degustazioni.
Patrick Hayoun
Nel settembre 2020, durante il Consiglio di Amministrazione di Gault et Millau, Jacques Bally, in disaccordo con la strategia di sviluppo degli investitori russi, si dimette da CEO. Dopo 20 mesi dall'acquisizione da parte di GM Holding del 100% del Gruppo Gault & Millau, il Consiglio di Amministrazione di Gault et Millau, composto da Vladislav Skvortsov, Natalia Sinichkina, Patrick Hayoun vota a favore del cambiamento e nomina Zakari Benkhadra alla Direzione Générale de Gault & Millau France. Dal Febbraio 2022 Patrick Hayoun è nominato nuovo CEO di Gault & Millau International.
"Gault-Millau" e "La Guida d'Italia" de L'Espresso La Guida dei Ristoranti d'Italia de L'Espresso, nata in Italia nel 1979, sulla scia del successo francese della Gault & Millau, ne riproduce la metodologia dei punteggi e la classificazione in Ventesimi e Cappelli. Vi è anche una proficua collaborazione (la rubrica settimanale di recensione dei ristoranti su L'Espresso si chiama per l'appunto "Gault-Millau"). Nella Guida del 1989 Henri Gault, da qualche anno non più legato al gruppo Gault-Millau, considerato dalla Guida, dopo Robert Courtine di Le Monde, il più celebre giornalista gastronomico, è eccezionalmente incaricato quell'anno di dare il suo personale giudizio su una ventina di famosi ristoranti italiani. Scrive: "Rispetto alla Guida dell'edizione del 1988 credo i miei voti risulterebbero meno alti. A sembrarmi evidenti, in compenso, sono gli immensi e folgoranti progressi compiuti in pochi anni dai ristoranti italiani. L'Italia ha ormai raggiunto la Francia in testa alle grandi nazioni gastronomiche. Forse non raggiungerà esattamente il livello di padronanza di un Robuchon o di libertà tecnica di un Loiseau, ma dimostra in compenso un maggiore rispetto della base nazionale e regionale. A questo proposito, è lecito preoccupasi per l'invasione, nei menù italiani, del "foie gras" e del caviale, sulla cui produzione locale non si può certo giurare".
Henri Gault recensì nella Guida 1989, senza dare punteggi, i seguenti ristoranti: (i punteggi che riportiamo sono quelli dati dai curatori della Guida de L'Espresso)
19,5/ventesimi Enoteca Pinchiorri (Firenze) Vissani (Baschi) 19/ventesimi Antica Osteria del Ponte (Cassinetta di Lugagnano) Gualtiero Marchesi (Milano) San Domenico (Imola) 18,5/ventesimi La Frasca (Castrocaro Terme) Guido (Costigliole d'Asti) Paracucchi - Locanda dell'Angelo (Ameglia) Dal Pescatore (Canneto sull'Oglio) Il Rododendro (Boves) La Scaletta (Milano) Trigabolo (Argenta) 18/ventesimi Alberto Ciarla (Roma) Papa Giovanni (Roma) 17,5/ventesimi L'Ambasciata (Quistello) La Mora (Ponte a Moriano) Palma (Alassio) Romano (Viareggio) Successivamente la collaborazione con la Gault-Millau porta ad inserire nelle Guida de L'Espresso negli anni dal 1993 al 1995, le ultime che hanno avuto come coordinatore Federico Umberto D'Amato, i ristoranti francesi delle zone confinanti con l'Italia, tratti dalla Guida d'Oltralpe, prima solo la Costa Azzurra & Provenza (1993), poi tutta la Francia del Sud-Est (1994 e 1995). Nel 1993 - 19,5/ventesimi Le Louis XV (Montecarlo) di Alain Ducasse, 19/ventesimi Le Terrasse (Juan-les-Pins) di Christian Villiers, allievo di Vergè e succeduto a Ducasse. Nel 1994 - 19,5/ventesimi Marc Veyrat (Veyrier-du-Lac), 19/ventesimi Le Louis XV (Montecarlo) e Le Royal Gray (Cannes) di Jacques Chibois. Nel 1995 - 19,5/ventesimi Marc Veyrat (Veyrier-du-Lac), 19/ventesimi Le Louis XV (Montecarlo).
Con l'uscita anche di Christian Millau dalla conduzione della Gault-Millau i rapporti con la Guida d'Oltralpe si fanno sempre più rari finchè, con la Guida del venticinquennale nel 2003, cessano del tutto. Nel 2005 i cappelli assegnati ai ristorati passano da 4 a 3 (come "le Stelle" della Guida Michelin) 1 cappello - da 15 a 16/ventesimi 2 cappelli - da 16,5 a 17,5/ventesimi 3 cappelli - da 18 a 20/ventesimi
Bernard Loiseau
Bernar Loiseau - La Cote d'Or (Saulieu) Nel 2003 un evento drammatico funesta la ristorazione francese. Il 24 febbraio 2003, a 54 anni, il famoso chef Bernard Loiseau, proprietario del ristorante La Cote d'Or (poi Le Relais de Bernard Loiseau) a Saulieu, "Tristellato" Michelin dal 1991, forse sofferente psicologicamente, improvvisamente si suicida. La Guida Gault-Millau lo aveva recentemente declassato da 19 a 17/ventesimi, e circolavano voci in Le Figarò, da parte del critico gastronomico François Simon, che anche la Guida Michelin ipotizzasse di togliergli una delle "Tre Stelle" possedute, cosa che poi non si verifica.
Marc Veyrat
20/ventesimi: Marc Veyrat La Guida "Gault-Millau", durante la gestione di Henri Gault e Christian Millau e per molti anni dopo la loro fuoriuscita, mai ha assegnato il punteggio massimo 20/ventesimi. Tuttavia i nuovi proprietari della Guida, a partire dal 2004, assegnano questo massimo punteggio a due ristoranti, entrambi del famosissimo chef Marc Veyrat, L'Auberge de l'Eridan (Veyrier du Lac - Annecy), "Tristellato" Michelin dal 1995 al 2009, e La Ferme de Mon Pere (Megeve), "Tristellato" Michelin dal 2002 al 2006. Successivamente, dopo aver chiuso entrambi i locali, Marc Veyrat inizia un nuovo percorso che lo vede protagonista ad Annecy Le Vieux dell'iniziativa biologica Cozna Vera, che si prefigge di sviluppare un discorso nuovo sull'alimentazione alternativa ("Rispettiamo il pianeta, degustiamo la natura" "Il biologico è la vera scioccante verità culturale del XXI secolo"). Riconquista nel 2017 le "Due Stelle" Michelin nel suo La Maison des Bois-Marc Veyrat (Manigod - Alta Savoia), un Relais & Château in un borgo a 1650 metri di altitudine difronte al Monte Bianco con la sua nuova cucina, minerale e pastorale, fattoria biologica, orti, alveari e percorso botanico.
François Menon, La nouvelle cuisine (1742)
Prima della "nouvelle cuisine"
Il termine "nouvelle cuisine" è stato utilizzato diverse volte nella storia della cucina francese, per segnare una pausa con il passato. Negli anni tra il 1730 e il 1740, diversi scrittori francesi hanno sottolineato la loro rottura con la tradizione, chiamando la loro cucina "moderna" o "nuova". Vincent la Chapelle pubblicò la sua Cuisinier Moderne nel 1733-1735. I primi volumi di François Menon del Nouveau Traité de la Cuisine è uscito nel 1739. E fu nel 1742 che François Menon introdusse il Il termine "La Nouvelle Cuisine" come titolo del terzo volume della sua Nouveau Traité de la cuisine. Ripercorriamo rapidamente le tappe precedenti all'avvento della "nouvelle cuisine" che fu lanciata nel 1972 da Henry Gault e da Christian Millau.
La "Grande Cucina" La grande cucina era quella che si mangiava sulla tavola dei re di Francia e dei più grandi feudatari del regno, che nei secoli XIV e XV risiedevano in corti sontuose che rivaleggiavano per splendore con quella dei Valois. In quei luoghi privilegiati centinaia di cuochi e di aiutanti preparavano piatti straordinari che avevano soprattutto lo scopo di sbalordire i commensali.
Caterina dei Medici Il matrimonio della giovane Caterina de' Medici (Firenze, 13 aprile 1519 – Castello di Blois, 5 gennaio 1589) con Enrico II, migliorò la situazione. Nipote di Lorenzo il Magnifico, Caterina de' Medici andò sposa a Enrico d'Orléans, il futuro Enrico II, nel 1533. A lei si deve l'influenza che la cucina fiorentina ebbe su quella francese perché i cuochi e i pasticceri italiani che la seguirono e che avevano una concezione diversa della cucina ed utilizzavano una gamma di prodotti più vasta, fecero scuola. L'ambiziosa donna, dotata di un vorace appetito ma anche di gusti molto raffinati, per aumentare il proprio potere alla corte di Francia si servì proprio dell'arte culinaria, facendo anche allestire banchetti che, come i suoi critici non mancavano di far notare, valevano più di centomila monete d'oro. Caterina oltre ad avere portato in Francia: le salse, l'uso delle rigaglie, l'olio d'oliva e le crespelle, ebbe anche l’intuizione d’imporre un oggetto che a Firenze era stato introdotto già da tempo, vale a dire la forchetta. Grazie ai cuochi e ai pasticceri che l'avevano seguita dalla corte fiorentina, la regina influenzò le trasformazioni già in atto nella rozza ma sfarzosa cucina francese, presentando ghiotte ricette. Pierre de Brantôme nella "Vie des femmes galantes" così descrive i maestri toscani: "sapevano molto bene accoppiare le leccornie alla lubricità e a quanto e più la scienza medica conoscesse". Nei secoli successivi si registrò un'evoluzione strettamente condizionata dal gusto personale dei sovrani regnanti, ma la grande cucina continuò ad essere estremamente ricca e costosa. La Rivoluzione borghese del 14 Luglio 1789, costrinse i cuochi al servizio delle grandi famiglie aristocratiche, ormai disoccupati, ad aprire a Parigi e poi successivamente in tutta la Francia i primi ristoranti di lusso e non solo, nei quali veniva riproposta la grande cucina, con gli adattamenti del caso. Fu il momento in cui delle conoscenze di altissimo livello, che non avevano mai dovuto lesinare sull'utilizzo di materie prime e sperimentazioni gastronomiche, si diffondevano e divenivano patrimonio di larghe masse borghesi. Marie-Antoine Carême All'inizio dell'Ottocento, con l'era napoleonica e la successiva Restaurazione assistemmo all'avvento di una nuova aristocrazia di origine recente. Marie-Antoine Carême (8 giugno 1784 - 12 gennaio 1833) fu il cuoco più famoso di questo periodo, ed al sevizio di Talleyrand, principe, vescovo ed ambasciatore, ottenne i suoi trionfi gastronomici. Nel corso del XIX secolo la "grande cucina" continuò ad evolversi ed i suoi palcoscenici privilegiati furono i grandi ristoranti di lusso di Parigi, i grandi Hotel più prestigiosi d'Europa e le dimore della nobiltà russa.
Auguste Escoffier
All'inizio del Novecento fu Auguste Escoffier (Villeneuve-Loubet, 28 ottobre 1846 – Monte Carlo, 12 febbraio 1935) a semplificare e codificare la "Grande Cucina". Le sue due opere fondamentali Le Guide Culinaire e Le Livre des Menus dettarono regole e imposero ricette che furono religiosamente rispettate da generazioni di chef per almeno 70 anni. Escoffier aveva semplificato e sfrondato la "Grande Cucina", ma l'aveva anche imbalsamata e i suoi piatti si potevano gustare, praticamente identici, in tutti i migliori alberghi e ristoranti d'Europa. Non tutti gli chef però si limitarono ad essere degli esecutori dei dettami di Escoffier. Alcuni di loro, come Fernand Point (Louhans, 25 February 1897 - Vienne, 4 March 1955) in Francia e Nino Bergese (Saluzzo, 1º gennaio 1904 – Genova, 1º gennaio 1977) in Italia, compresero che bisognava modernizzare e rendere più varia e personale la cucina, facendo tesoro di quel patrimonio di ricette che venivano eseguite nelle varie case della nobiltà e della borghesia ove esisteva il culto della buona tavola.
La "Nouvelle Cuisine" L'espressione "nouvelle cuisine" fu lanciata nel 1972 da Henry Gault e da Christian Millau dalle pagine della rivista mensile omonima, nata sulla scia del successo della prima edizione della loro celebre Guida. Da geniali giornalisti quali erano, sfornarono i loro "dieci comandamenti", che presi con moderazione, non potevano non essere condivisi dalle persone dotate di buon senso. Gault e Millau avevano centrato il bersaglio e i loro dieci punti erano quasi tutti da sottoscrivere per indirizzare la cucina francese verso nuovi ambiziosi traguardi.
1° I gusti erano cambiati (i francesi non mangiavano più come i loro padri, pretendevano una cucina più leggera) 2° Il rifiuto delle complicazioni inutili (bisognava riconquistare l'estetica della semplicità) 3° La cucina di mercato (era necessario ridurre drasticamente le liste interminabili dei piatti serviti, sempre uguali ogni mese dell'anno, ed aprirle a piatti che rispettassero le stagioni) 4° La leggerezza del cibo (le salse erano troppo pesanti e avevano solo il vantaggio di coprire la scarsa freschezza della carne o del pesce) 5° Cotture meno lunghe (soprattutto per quanto concerne pesci e verdure) 6° La riconquista della gastronomia regionale (la cucina dei grandi ristoranti di Parigi aveva bandito le saporose ricette di provincia ed il suo predominio trovava imitatori anche nelle zone dove la cucina regionale aveva antiche e valide tradizioni) 7° L'inventiva (era questo il comandamento più pericoloso e aprì la strada alle degenerazioni più aberranti. In sé era valido: non bisognava partire dal presupposto che in cucina non vi è più nulla da inventare. I moderni mezzi di comunicazione rendono facile il reperimento di prodotti di altri paesi che possono essere intelligentemente utilizzati per creare nuovi abbinamenti di sapori). 8° La Francia non è un'isola (la Francia non poteva chiudersi e non tener conto dei suggerimenti provenienti dall'estero, e aprirsi ad un rinnovamento paragonale a quello determinato dall'arrivo di Caterina de'Medici) 9° Il ristorante deve offrire un piacere completo (arredo, decoro, apparecchiatura, servizio, cucina e cantina: tutto deve fondersi in un insieme armonioso. Le portate devono essere servite su grandi piatti per non mescolare i vari elementi e per creare piacevoli effetti cromatici) 10° L'accettazione delle tecniche moderne (tutte le tecniche moderne devono essere accettate quali moderni contributi all'arte della cucina)
Paul Bocuse e i grandi chef di Francia Nell'autunno del 1976 a Eugènie-les-Bains, dove Michel Guerard si era da poco istallato nel bell'albergo della moglie, Paul Bocuse e nove grandi chef francesi si riunirono per fondare l'associazione denominata La Nouvelle Grande Cuisine Francaise ed il grande Paul fu acclamato presidente. Fu subito indetta la prima assemblea alla quale parteciparono, oltre a Guerard, padrone di casa, chef "tristellati" del calibro di Troisgros, Vergé, Chapel, Haeberlin, Outhier, René Lasserre (patron dell'omonimo ristorante di Parigi), a cui si unì Laporte di Biarritz e il celeberrimo pasticcere Gaston Lenotre. Gault e Millau, grandi sponsor dell'iniziativa, colorarono di rosso, sulla Guida annuale, i "cappelli" degli chef che professavano il loro vangelo. I due giornalisti avevano grandi ambizioni e grandi progetti, e furono assecondati dagli chef più famosi nella loro iniziativa, anche perchè il clamore pubblicirtario moltiplicava i loro guadagni. Quella del cuoco era finalmente divenuta una professione redditizia e i nomi dei grandi chef erano sulla bocca di tutti. La crisi della "Nouvelle Cuisine" Pochi anni dopo tutto era finito. Ciascuno era andato per la propria strada e i grandi cuochi erano rimasti fedeli alla loro personalità e alla loro cultura. Avevano recepito quanto di buono esisteva nei dieci punti, ma si erano guardati bene dal cadere negli eccessi. Paul Bocuse, che aveva sempre fatto cucina regionale, accanto a piatti della cucina classica e borghese, rafforzò il suo legame col territorio. Haeberlin fece la stessa cosa in Alsazia, Guerard nelle Landes e Troisgros nell'Alta Loira. Vergé perfezionò il sua interpretazione della grande cucina mediterranea. Lasserrre rimase fedele al classico e solo Outhier fu più contagiato degli altri dalle influenze esterne, soprattutto orientali. Il legame con i due intraprendenti giornalisti si era spezzato perchè i grandi chef non avevano nessuna intenzione di farsi gestire da loro e non sopportavano nemmeno quel bisogno di creare sempre nuove "invenzioni", che caratterizzava la frenetica attività di Gault e Millau. Paul Bocuse cominciò ad avere un certo risentimento nei loro confronti, forse proprio per essersi un po' ingenuamente prestato al loro gioco. Uno come lui, schietto e generoso, ma abituato ad essere il capo cordata, il numero uno in un consesso di grandi, non poteva tollerare troppo a lungo l'invadenza dello scatenato binomio. Quando Gault e Millau affermarono che la colpa non era loro delle abezzazioni che in nome della "nouvelle cuisine" venivano fatte, dicevano solo una mezza verità. I due giornalisti-editori, troppo affezionati alla loro creatura, non hanno stroncato sul nascere le prime deviazioni, ed accecati dal proprio entusiamo, hanno avallato piatti sempre più incongrui, ricette sempre meno equilibrate, accostamenti deliranti e porzioni sempre più piccole, con pochi coloratissimi bocconi sperduti nell'immensità di un grande piatto bianco dai bordi riccamente decorati. Milioni di clienti sono caduti nelle trappole di dilettanti mascherati da professionisti, di cuochi mediocri che si credevano eccelsi. Ma i commenti di Gault e Millau erano aulici e le votazioni lusinghiere. Il male è stato irreparabile ed ora, quando si sente parlare di "nouvelle cuisine", si ha un senso di repulsione per le troppe delusioni patite. Ma i grandi cuochi non hanno mai deluso nessuno. La Guida Michelin non è stata contagiata dalla frenesia collettiva che aveva invaso tutta la carta stampata. Il fatto di non essere "commentata" le ha permesso di sottrarsi con più facilità al gioco dissennato delle facili incensature, ma le sue votazioni, le sue ambite "Tre Stelle", non sono mai state concesse ai profeti dell'effimero. Cuochi come Jacques Maximin, Robert Barbot e Ghislaine Arabian, sono rientrati nei ranghi senza aver ricevuto dalla Michelin analoghe attenzioni di stima. Nonostante ciò quello che resta della "nouvelle cuisine" è più importante di quanto non si pensi. La cucina di mercato, le salse più leggere, le cotture giuste, le belle presentazioni sono ormai patrimonio di molti ristoranti. Interogato in proposito il mitico Pierre Troisgros (1928 - 2008), del celeberrimo ristorante di Roanne "Tristellato" dal 1968, poi gestito dal figlio Michel Troisgros, dichiarava "La nuovelle cuisine" è stata un evento importante. Ha liberato i cuochi dai ferrei dettami imposti da Escoffier. Ha fatto capire che non aveva più senso ripetere all'infinito dei piatti immutabili. Ha stimolato l'estro che c'è in ognuno di noi. Vi sono stati degli eccessi, ma non da parte dei migliori. Guerard, Vergè, Chapelle, Senderens, Bocuse hanno sempre fatto una cucina molto diversa dalla mia, ma altrettanto buona. Non bisogna poi dimenticare che in termini di leggerezza, digeribilità e presentazione vi è una differenza enorme tra un piatto pre-nouvelle cousine e un piatto post- nouvelle cousine. Oggi abbiamo una sensibilità nuova per quanto concerne le cotture e i sapori autentici dei prodotti e una parte di questo merito va alla "nuovelle cuisine".
Pierre Troisgros e Paul Bocuse
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